Smart Working nelle città sostenibili del futuro

Mercoledì 18 Settembre 2019

Il progetto SmartLab – Concilia 4.0 Comune di Milano nasce con l’obiettivo di innescare una rete relazionale che possa coniugare esigenze di conciliazione vita-lavoro con pratiche di Smart Working che da ormai un decennio si perfezionano per stare al passo con i tempi di una vita professionale sempre più flessibile. In cosa consiste lo Smart Working? Quali sono le regole utili da sapere, e quali opportunità pratiche?

Una definizione 

È possibile definire la pratica di Smart Working come una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. 

Lo stato dell’arte in Italia 

In altre parole, il Lavoro Agile costituisce lo strumento più utile a garantire il giusto approccio ai bisogni sociali e di conciliazione famiglia-lavoro tipici dei nostri tempi. Non è banale riuscire a capire il significato di Smart Working e quali implicazioni pratiche possa avere per i professionisti di oggi. Alcune suggestioni di quale sia lo stato dell’arte oggi in Italia possono arrivare, ad esempio, dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano dell’ottobre 2018, secondo la quale il 58% delle aziende medio grandi ha già introdotto iniziative concrete, consapevoli della buona riuscita dell’iniziativa in termini di equilibrio psico-fisico dei lavoratori, nonché di raggiungimento degli obiettivi specifici aziendali. Sembrerebbe, poi, che anche nella PA cominci a farsi strada un modello di lavoro “smart”: oltre 4mila dipendenti pubblici operano oggi in remoto (800 in più in un anno) e l’8% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (contro il 5% del 2017), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.

La normativa vigente

Nel nostro ordinamento, la pratica di Lavoro Agile è disciplinata dalla Legge n°81/2017 - Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, che la definisce come 

  • Modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; 
  • Modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Smart Working e Smart City. Il parere del Comitato Scientifico del progetto Smart Lab – Concilia 4.0

Grazie anche al progetto Smart Lab – Concilia 4.0 Comune di Milano, la pratica di Smart Working sembra disseminarsi sempre di più tra le aziende e le organizzazioni territoriali come leva per lo sviluppo delle città del futuro. È di questo avviso anche Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e membro del Comitato Scientifico di supporto al progetto, che sottolinea come l’opportunità sia da individuare, in prima battuta, “nella concezione di un modello di organizzazione del lavoro che si basa sulla maggiore autonomia del lavoratore che, sfruttando appieno le opportunità della tecnologia, ridefinisce orari, luoghi e in parte strumenti della propria professione. È un concetto articolato, che si basa su un pensiero critico che restituisce al lavoratore l’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sui risultati, mentre il telelavoro comporta dei vincoli ed è sottoposto a controlli sugli adempimenti».

In realtà, ci tiene a sottolineare Corso, «è possibile applicare praticamente esempi di Smart Working a diversi ambiti anche di non immediata comprensione. Si pensi ad esempio a quel fondamentale e auspicabile processo di transizione verso una politica di attenzione all’ambiente. Uno dei concetti di base dello Smart Working, così come della Smart City, è infatti l’ottimale utilizzo delle risorse e degli spazi. Oltre a limitare gli spostamenti con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2, lo Smart Working riesce a dare risposte emergenziali, dalla riduzione dello spopolamento di alcune aree in zone più difficilmente raggiungibili della nostra stessa penisola, alla riorganizzazione del lavoro nelle città che subiscono eventi o catastrofi naturali (si pensi al crollo del Ponte Morandi dello scorso anno, oppure alle alluvioni che sempre di più sono all’ordine del giorno nel nostro Paese, dai clima sempre più tropicale) ».

Chiaramente, non va confuso il mezzo per il fine. Utilizzare le tecnologie, anche a supporto del lavoro in agilità, non rende automaticamente una città smart city. È necessario che la rivoluzione sia soprattutto culturale, e che nell’ambito di quest’ultima il digitale costituisca leva di sviluppo. Proprio in quest’ottica lo Smart Working ha l’occasione di diventare abilitatore di tutti quei comportamenti civici che avrebbero effetti anche sulla trasformazione della città. Basti pensare al decongestionamento del traffico e all’efficienza dei servizi di trasporto se, ogni giorno, migliaia e migliaia di persone non fossero costrette a spostarsi per andare a lavorare. Oppure al nuovo impulso che si darebbe agli investimenti su aree finora marginali perché a rischio spopolamento o perché quartieri dormitorio. 
 

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